Ambleto (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Cortile segreto.
 
 SCENA PRIMA
 
 FENGONE e SIFFRIDO
 
 FENGONE
 Tanto seguì. L’arti deluse e i vezzi
490di beltà lusinghiera.
 SIFFRIDO
 Pazzia già certa un fier rival ti toglie.
 FENGONE
 E pur vive, Siffrido, il mio timore.
 SIFFRIDO
 Se ragion nol sostiene, è un timor lieve.
 FENGONE
 Basta che sia di re, perché sia grande.
 SIFFRIDO
495Deh, lascia...
 FENGONE
                          No, la madre
 all’amante succeda.
 Fingerò con Gerilda
 che ribelli al mio scettro abbiano i Cimbri
 scosso il lor giogo. Io duce
500uscirò al campo e, me lontano, ad essa
 qui ’l supremo comando
 concesso fia.
 SIFFRIDO
                          Qual n’è il tuo fin?
 FENGONE
                                                              La madre,
 vaga di dare al figlio i dolci amplessi,
 farà condurlo alle sue stanze. Iroldo,
505della reggia custode e a me fedele,
 staravvi occulto ad osservarne i detti.
 SIFFRIDO
 E il vero intenderà de’ tuoi sospetti.
 FENGONE
 Tu taci e scorta il prence,
 quando fia d’uopo, alla regina.
 SIFFRIDO
                                                          Intesi;
510(ma delle trame avvertirò chi deggio).
 
 SCENA II
 
 FENGONE e ILDEGARDE
 
 FENGONE
 Venga Gerilda.
 ILDEGARDE
                               E in tale indugio, o sire,
 la gloria d’inchinarti abbia Ildegarde.
 FENGONE
 Grata del nobil dono a me ten vieni.
 È Valdemaro il primo
515duce dell’armi nostre.
 ILDEGARDE
 Il più forte guerrier che stringa acciaro.
 FENGONE
 Ornamento del regno, amor del soglio.
 ILDEGARDE
 Sì, ma perdona, o sire...
 FENGONE
 Che?
 ILDEGARDE
             Con tutti i suoi fregi io non lo voglio.
 FENGONE
520Ildegarde, rifletti
 che non son più il tuo amante. Io tuo re sono.
 ILDEGARDE
 E ad un re che fu amante, io rendo il dono.
 FENGONE
 Se novo amor non ti avvampasse in seno,
 non saresti sì audace.
 ILDEGARDE
525I tuoi spergiuri in libertà mi han posta.
 FENGONE
 Scopri l’oggetto e l’imeneo ne approvo.
 ILDEGARDE
 A chi già mi schernì, poss’io dar fede?
 FENGONE
 Scettro ancor non stringea chi a te la diede.
 ILDEGARDE
 Il crederti or mi giova. Adoro Ambleto.
 FENGONE
530Stravagante desio!
 ILDEGARDE
 Consola l’amor mio
 e lo lascia regnar sopra il mio core.
 FENGONE
 Compiacerti non posso, incauta amante.
 ILDEGARDE
 E la real tua fede?
 FENGONE
535Un re l’obblia, s’ella gli torna in danno.
 ILDEGARDE
 Dovea farmi più accorta il primo inganno.
 
    Prestar fede a chi non l’ha,
 alma mia,
 tu lo vedi, è frenesia,
540tu lo provi, è vanità.
 
    Quando crede a un falso core,
 è l’amore una follia,
 è la speme una viltà.
 
 SCENA III
 
 FENGONE e GERILDA
 
 FENGONE
 (Si lusinghi costei). Teco, o Gerilda,
545cospirano a’ miei danni anche i vassalli.
 Già la Cimbria rubella
 m’obbliga all’armi. Io partirò. Tu sola
 serba l’arcano. Oh fosse
 al par di quegl’infidi
550mia facile conquista anche il tuo core!
 GERILDA
 Troppo fosti crudel per non averlo.
 FENGONE
 Regina, odiami pur; le insidie occulta
 né più strugga la man del core i voti.
 
    Pur luci amorose,
555benché disdegnose,
 sì godo in mirarvi
 che ad onta di vostr’ire io voglio amarvi.
 
 GERILDA
 (Non s’irriti un amor che salva il figlio).
 Signor, meno di affetto io ti richiedo.
560Lasciami l’odio mio con più innocenza.
 FENGONE
 lo parto. A te frattanto
 tutto resti in balia l’alto comando.
 Addio, diletta. È questo
 l’ultimo forse. Io se cadrò fra l’armi,
565tu sarai sola il mio pensiero estremo.
 Felice me, se mi perdoni estinto
 e se di qualche fior questa, ch’io bacio,
 candida mano il freddo sasso adorna.
 GERILDA
 Va’, pugna, vinci e vincitor ritorna.
 FENGONE
 
570   Su la fronte già cingo gli allori
 e felici ne prendo gli auspici,
 luci care, dal vostro piacer.
 
    Quegli sguardi, che armate di amori,
 per ferire dan l’armi e l’ardire
575e per vincer l’esempio e il poter.
 
 SCENA IV
 
 VEREMONDA e GERILDA
 
 VEREMONDA
 Son comuni i miei torti anche a Gerilda.
 Arde di me il tuo sposo.
 GERILDA
 Arde di te?
 VEREMONDA
                        Nel vicin bosco ei stesso
 scoprì l’ardor. Con quale orror, tu il pensa.
 GERILDA
580Tanto egli osò? Tu orror ne avesti?
 VEREMONDA
                                                                 Come
 favellar può di amore un re marito
 a vergine real senza oltraggiarla?
 GERILDA
 E tu la grave offesa a me confidi?
 VEREMONDA
 A te che sei consorte, a te che in lui
585non ritrovi, lo so, che il tuo tiranno.
 GERILDA
 Non mi affligge il suo amor, piango il tuo inganno.
 VEREMONDA
 L’inganno mio?
 GERILDA
                                Gerilda
 non mai gli fu più cara.
 VEREMONDA
                                             E appunto un core,
 quando cerca tradir, finge più amore.
 GERILDA
590Eh, Veremonda, è l’uso,
 sia senso o bizzarria, d’alma regnante
 questa mostrar sovranità di affetto
 col parere incostante,
 cercar più di un diletto,
595voler piacere a molte,
 molte ancor lusingarne
 e poi sol una amarne.
 VEREMONDA
 Credi meno ad un empio, io ti consiglio.
 GERILDA
 Tu meno al tuo bel ciglio.
 
600   Hai bel vezzo, hai bel sembiante;
 ma non sempre a labbro amante
 dei dar fede e lusingarti.
 
    Facil cede alma che crede;
 e più vinci in men fidarti
605di chi giura di adorarti.
 
 SCENA V
 
 VEREMONDA e VALDEMARO
 
 VEREMONDA
 Oh troppo, troppo semplice Gerilda!
 VALDEMARO
 Veremonda, permetti
 che teco l’amor mio...
 VEREMONDA
 Non mi offende il tuo amor, che non vi è donna,
610credilo, sì, donna non v’è che irata
 oda giammai di onesto amante i voti;
 ma il tuo col mio destino
 voglion ch’io sia crudele e tu infelice.
 Amo Ambleto. Sì, l’amo. Hai per rivale
615un che nacque tuo re. Tu nel mio core
 onora il di lui grado. Ha la tua fede
 ed ha la tua virtù questo dovere.
 VALDEMARO
 Ambleto?
 VEREMONDA
                     Sì. Né basta
 che tu sveni al suo nome i tuoi desiri;
620convien che tu il difenda
 in questo sen. Qui lo minaccia, oh ardire!
 e qui l’insidia il re con empia brama.
 VALDEMARO
 Il re?
 VEREMONDA
              Dillo tiranno e tale ei mi ama.
 
 SCENA VI
 
 AMBLETO e i suddetti
 
 AMBLETO
 (Che ascolto!)
 VEREMONDA
                             Sì, l’iniquo mi ama; e questo
625degli acerbi miei mali è il più funesto.
 AMBLETO
 Flora, dimmi, sai tu l’aspra sventura (A Veremonda)
 di quel bel giglio?
 VEREMONDA
                                    (Oh ciel, quanto è vezzoso!)
 AMBLETO
 E tu sai l’ardimento (A Valdemaro)
 di quella serpe?
 VALDEMARO
                                Oh sfortunato prence!
 AMBLETO
630A me poc’anzi, a me
 ne raccontò Zeffiro amico il caso.
 
    Cinto di amiche rose un dì crescea,
 bianco figlio dell’alba, un giglio ameno;
 ed un’ape innocente in esso avea
635riposo al volo ed alimento al seno.
 Quando una serpe insidiosa e rea
 se gli accostò col suo crudel veleno;
 e allor si udì fra il danno e fra il periglio
 pianger quell’ape e sospirar quel giglio.
 
 VEREMONDA
640(Par che per me favelli).
 AMBLETO
 Deh, accorrete in difesa a fior sì vago.
 VALDEMARO
 (Seguir conviene i suoi deliri). Taci,
 che già fuggì l’infida serpe altrove.
 AMBLETO
 Ma torneravvi. Tu di acute spine
645arma quel fiore e il custodisci illeso. (A Veremonda)
 VEREMONDA
 Non temer.
 AMBLETO
                        E se torna
 il suo nimico, e tu col piè lo premi. (A Valdemaro)
 (M’intendesser così).
 VEREMONDA
                                          (Quanto il compiango!)
 VALDEMARO
 Accheta il duol. Me in tua difesa avrai.
650Ma concedi...
 AMBLETO
                           Rimira (A Valdemaro)
 qual s’erge al ciel denso vapor che oscura
 di Febo i rai. (La gelosia mi uccide).
 VEREMONDA
 (Tormentosi deliri!) Valdemaro,
 alla tua gloria affido
655l’onor mio, la mia pace; e mentre in essa
 la mia salvezza bramo,
 la tua virtude in mio soccorso io chiamo.
 
    Non è sì fido al nido
 dell’usignuolo il volo,
660com’io son fida a te; ma non m’intendi.
 
    Non è sì chiara e bella
 di amore in ciel la stella,
 com’è la fé ch’è in me; ma nol comprendi.
 
 SCENA VII
 
 AMBLETO e VALDEMARO
 
 VALDEMARO
 In me che speri, amore?
 AMBLETO
                                               Amor nel petto
665chiuso trattieni? Io vo’ che spieghi i vanni
 prima a’ bei rai della mia diva e poscia
 meco venga a posar.
 VALDEMARO
                                        Dove?
 AMBLETO
                                                       Sul trono.
 VALDEMARO
 Come?
 AMBLETO
                 Non sai che il re de’ cori io sono?
 VALDEMARO
 (Mi fa dolor benché rivale). Io parto.
 AMBLETO
670Ferma. Dov’è il valore
 della tua man? Vediamlo.
 Di’, non sei tu di questo ciel l’Atlante?
 Così lo reggi? Di’, così ’l difendi?
 Ma questo, che sospendi al nobil fianco
675illustre arnese, a te che serve?
 VALDEMARO
                                                         È il brando,
 stromento a’ miei trionfi.
 AMBLETO
                                                 Sì, lo veggio,
 e di pianto e di sangue
 che sparse l’innocenza, ancor fumante.
 Vanne; e ad uso miglior da te s’impieghi.
680Segui l’esempio mio.
 Venga la clava e si apparecchi intanto
 de’ mostri ’l sangue e de’ tiranni ’l pianto.
 
    Vieni e mira come gira
 dalla cima fino al fondo
685sconcertato tutto il mondo.
 Non lo voglio più così.
 
    Quella notte troppo dura
 ed oscura i rai del dì.
 Non lo voglio più così.
 
690   Di’ a quel monte che si abbassi,
 perché i passi m’impedì.
 Non lo voglio più così.
 
 SCENA VIII
 
 VALDEMARO
 
 VALDEMARO
 Valdemaro, che pensi?
 Sei reo con Veremonda, allor che l’ami;
695e più sei reo, se brami
 da un risoluto ardir la sua difesa.
 Ma il lasciarla in periglio
 non è della tua gloria,
 non è dell’amor tuo saggio consiglio.
 
700   Sì, ti sente l’alma mia,
 amorosa gelosia,
 sì, ti ascolta questo cor.
 
    E l’affetto,
 che nel petto ancor si asconde,
705ti risponde
 con le voci dell’onor.
 
 Sala negli appartamenti di Gerilda.
 
 SCENA IX
 
 GERILDA, poi AMBLETO da guerriero
 
 GERILDA
 Caro, adorato figlio,
 non giungi ancor? Dacché mi trasse all’ara
 vittima più che sposa il fier regnante,
710svelto dal sen mi fosti; e più non vidi
 quel volto, oh dio, sol mia delizia e gioia.
 Vieni, diletto figlio...
 AMBLETO
 Su, qui tutto si accampi
 l’esercito fatal dell’ire mie;
715e giustizia e ragion ne sieno i duci.
 GERILDA
 Viscere mie, mio sangue.
 AMBLETO
                                                 E sangue io voglio. (Entra in una stanza)
 GERILDA
 Deh, ferma, Ambleto. E non distrugge amore
 que’ fantasmi, quell’ombre
 che gli offuscan la mente?
 AMBLETO
720Ov’è il nimico? Parla.
 GERILDA
 Nimico qui? Me non ravvisi, o figlio,
 tua madre?
 AMBLETO
                         A chi sei madre?
 GERILDA
 A te.
 AMBLETO
            Sei mia tiranna e mia nimica. (Entra in un’altra)
 GERILDA
 Oh deluse speranze!
725Oh tradito conforto!
 Empio destin!
 VOCE DI DENTRO
                              Son morto.
 GERILDA
 Cieli, che sarà mai? (Entra in una stanza)
 AMBLETO
 Fu verace Siffrido. Or vada, vada
 quell’ombra scellerata
730al tiranno crudel nunzia di morte.
 GERILDA
 Oimè, che fece! Io temo
 l’ira del re. So che l’ucciso Iroldo
 de’ suoi fidi è il più caro.
 AMBLETO
 Seguasi la vendetta.
 GERILDA
735Mio caro figlio, in questo pianto almeno
 non ravvisi ’l mio core?
 La madre non ravvisi?
 AMBLETO
 Non ti ravviso, no. Madre ad Ambleto,
 consorte ad Orvendillo era Gerilda.
740Era in lei fede; era onestà e virtude.
 Ma tu, d’allor che al fianco
 dell’empio usurpatore
 macchiasti ’l regio letto e di Orvendillo
 la memoria tradisti, altro non sei
745che adultera per lui, per me matrigna.
 Smarrite or son le tue sembianze e teco,
 sul trono ancor di regia morte intriso,
 regna il vizio e l’orror. Non ti ravviso.
 GERILDA
 Oh me felice! È vero,
750è vero pur che non sia stolto il figlio?
 AMBLETO
 Oh dei! Così lo fossi,
 che mi torria questa sciagura almeno
 al senso de’ miei mali e de’ tuoi scorni.
 GERILDA
 Vieni, o viscere care, al sen materno...
 AMBLETO
755Addietro, o donna. Amplessi
 comuni ad un fellone a me tu porgi?
 A me stendi quel labbro
 che già stancar di un parricida i baci?
 Va’, misera, e gli serba a chi già infama
760il tuo soglio, il tuo letto e la tua fama.
 GERILDA
 M’avea il piacer finora
 a’ rimproveri tuoi chiuso l’udito.
 Ma già il silenzio è stupidezza. Ascolta.
 AMBLETO
 Che dir potrai che te più rea non mostri?
 GERILDA
765Dirò che quanto io debbi
 diedi al tuo genitor...
 AMBLETO
                                         L’urna reale
 a’ novelli imenei cangiando in ara?
 GERILDA
 Ah, che vi andai costretta. Io, donna e sola,
 che far potea col regnator lascivo?
 AMBLETO
770Pria che ceder, morir.
 GERILDA
                                           Ma con qual ferro?
 AMBLETO
 Può mancar mai la morte a un generoso?
 GERILDA
 Manca anche questa, o figlio,
 in corte di un tiranno, allorch’è dono.
 AMBLETO
 E chi potea sforzarti ad abbracciarlo?
 GERILDA
775Pria che sua moglie, esser dovea sua preda
 e lui drudo soffrir pria che marito?
 AMBLETO
 Dovevi almen, fra’ primi sonni immerso,
 nel talamo real lasciarlo esangue.
 GERILDA
 Oimè! Gerilda allor era sua moglie.
 AMBLETO
780Anzi più che sua moglie era sua amante.
 GERILDA
 Giuro agli dei...
 AMBLETO
                                Spergiura,
 siati pur caro il tuo novel consorte.
 Soffri ch’ombra dolente e invendicata
 su le sponde di Stige erri Orvendillo
785e che gema la patria
 sotto il duro comando e, se non basta,
 che vittima di stato a’ piè ti cada
 quel che chiami tuo figlio, iniqua madre.
 Dopo tutto anche soffri
790che regina ti esigli,
 che moglie ti ripudi il re spietato.
 Questo forse n’è il giorno; e il favor solo,
 che dal tiranno attendo,
 del tuo ripudio è il disonore e il duolo.
 
795   Della vendetta il fulmine
 sopra di te cadrà.
 
    Regina senza regno,
 consorte senza sposo,
 non so se a riso o a sdegno
800ognun ti additerà.
 
 SCENA X
 
 SIFFRIDO e i suddetti
 
 SIFFRIDO
 Ah, regina.
 GERILDA
                        Che fia?
 SIFFRIDO
 Veremonda è rapita; e Valdemaro
 audace la rapì.
 AMBLETO
                              Cieli!
 GERILDA
                                           (Che sento!)
 SIFFRIDO
 Già son fuor della reggia
805ed ei la tragge al vicin campo.
 AMBLETO
                                                        (Iniquo!)
 SIFFRIDO
 Non lasciar che impunite...
 AMBLETO
 Non più, non più. (L’orme ne seguo). Udite.
 
    (Ho nel cor la gelosia).
 Tu nel sen la fedeltà. (A Siffrido)
 
810   Della vendetta il fulmine
 sopra di te cadrà. (A Gerilda)
 
 SCENA XI
 
 GERILDA e SIFFRIDO
 
 GERILDA
 Siffrido, io son perduta. Ambleto uccise
 poc’anzi Iroldo. Ei colà giace.
 SIFFRIDO
                                                       Il vidi.
 GERILDA
 E nelle piaghe sue teme la madre.
 SIFFRIDO
815Al difetto del senno
 il perdono real facile io spero.
 Non paventar. Avrai per la sua vita
 da’ preghi tuoi, dalla mia fede aita.
 GERILDA
 
    Farò che sul ciglio
820favelli ’l mio pianto,
 sintanto che il figlio
 si renda al mio cor.
 
    E tenero oggetto
 farò del rigor
825di sposa l’affetto,
 di madre l’amor.
 
 SCENA XII
 
 SIFFRIDO
 
 SIFFRIDO
 M’intese il prence. Egli d’Iroldo in petto
 del senno e del valor scolpì le prove.
 Per servir al mio sdegno a lui si serva.
830Così quest’alma aspetta
 dalla sua fedeltà la sua vendetta.
 
    Allo scettro, al regno, al soglio
 l’innocenza tornerà.
 
    E cadrà
835sotto il peso del suo orgoglio
 atterrata l’empietà.
 
 Sobborghi con tende in lontano.
 
 SCENA XIII
 
 VALDEMARO e VEREMONDA con seguito
 
 VEREMONDA
 Qual, duce, è il tuo pensier? Dove mi guidi?
 Già comincio a temer qualche tua colpa.
 VALDEMARO
 Altra colpa non ho che l’amor mio.
 VEREMONDA
840Fuor delle mura e cinta
 da’ tuoi soldati? Intendo. Valdemaro,
 il tuo credei soccorso ed è rapina.
 VALDEMARO
 Anche questa rapina è tuo soccorso.
 VEREMONDA
 Ambo ci guida al disonore un ratto.
 VALDEMARO
845Questa è la via che sola
 ti salva da un tiranno.
 VEREMONDA
 Espormi a un mal peggior, quest’è salvarmi?
 VALDEMARO
 Con fronte più serena
 riedi alla libertà, riedi al tuo soglio.
850Quel che lasci è prigion. Quel dove vieni
 è campo amico. Io duce,
 lo moverò, riparator de’ mali,
 le tue provincie a liberar dal giogo.
 VEREMONDA
 (Che resti Ambleto? E ch’io
855segua altro amante? Esser non può, cor mio).
 Valdemaro, vo’ farti
 questa giustizia. In te stimar che un ratto
 sia pietà, non amor, virtù, non senso.
 Ma basta ad offuscar limpido onore
860un sospetto d’error, non che un errore.
 VALDEMARO
 E quest’onor, se resti, è più in periglio.
 VEREMONDA
 Sii tu meco in difesa e nol pavento.
 VALDEMARO
 Che far posso, se resto?
 VEREMONDA
                                             Hai forze, hai core
 per ripormi sul trono; e non l’avrai
865per cacciarne un fellon?
 VALDEMARO
                                              Nella sua reggia
 troppo è forte il tiranno; e il popol vile,
 avvezzo a tollerar, l’odia ma il teme.
 Combatterlo da lungi è più sicuro.
 VEREMONDA
 Va’ dunque. Anch’io da lungi
870applaudirò de’ tuoi trionfi al grido.
 VALDEMARO
 Nulla temer da un generoso amore.
 VEREMONDA
 Meno amor ti richiedo e più virtute.
 VALDEMARO
 Perder qui tempo è un trascurar salute.
 VEREMONDA
 Ah, vile. Anche la forza? È questo, è questo
875il generoso amor, di cui ti vanti?
 VALDEMARO
 Resisti invan.
 VEREMONDA
                            Crudele,
 vuoi pianti e preghi? Eccoti preghi e pianti.
 
    Tu miri le mie lagrime
 e non le sente il cor? Crudel! Così?
 
880   In te dov’è la fé?
 Che fa la tua pietà? Rispondi. Di’.
 
 VALDEMARO
 Quasi, ah, quasi mi vinse un sì bel pianto.
 Ma il lasciarmi sedur saria fierezza.
 Vieni.
 VEREMONDA
               Verrò, spietato;
885ma non speri ’l tuo amor ch’odio e disprezzo.
 VALDEMARO
 Di salvarti or desio, non di piacerti.
 VEREMONDA
 Usa il poter. Mi giova
 che ogni mio passo un tuo delitto sia.
 VALDEMARO
 Salute e amore ogni riguardo obblia.
 VEREMONDA
890Valor troppo indiscreto!
 Stelle, destin, chi mi soccorre?
 
 SCENA XIV
 
 AMBLETO e i suddetti
 
 AMBLETO
                                                          Ambleto.
 Fermati, Valdemaro.
 Insultar Veremonda
 senza oltraggiar me, tuo signor, non puoi.
 VEREMONDA
895Oh cieli! Ambleto, idolo mio, son questi
 accenti di follia?
 AMBLETO
                                 Dove, o mia cara,
 s’agita il viver mio, fingo i deliri,
 dove il periglio tuo, perdo i riguardi.
 VALDEMARO
 (Credo appena all’udito, appena a’ guardi).
 AMBLETO
900Duce, m’hai nella parte
 miglior dell’alma offeso.
 Ten prescrivo l’emenda e a te, con quanto
 di autorità può darmi
 l’esser principe tuo, parlo e comando.
905Ama la tua regina
 ma di un amor che sia di ossequio e fede.
 Essa campion ti chiede e non amante;
 io suddito ti voglio e non rivale.
 Né guardar ch’io sia solo;
910difeso è un re dal suo destin. Costoro,
 che ti stanno d’intorno,
 pria che guerrieri tuoi, fur miei vassalli.
 Rispetta il cenno; ed oggi
 ch’io principio a regnar, mi è fausto e caro
915che il primo ad ubbidir sia Valdemaro.
 VALDEMARO
 E Valdemaro il sia. Mio re già sei.
 Cedo il mio amor. Perdona
 se il difficile assenso
 non può darti ’l mio cor senza un sospiro.
 AMBLETO
920La tua virtù nel tuo dolor rimiro.
 VEREMONDA
 Compisci, o generoso,
 la magnanima idea. Quell’armi istesse,
 che voleva l’amor, mova il tuo zelo.
 VALDEMARO
 Sì, né più qui si tardi. Io vado al campo.
925Là non dee tosto esporsi
 la persona real. Prima il suo nome
 rispetto vi disponga e amor vi desti.
 Qui rimangan per poco
 vostra difesa i miei guerrieri. Al piede
930darà moto il periglio, al cor la fede.
 
    Non dirò che ancora io v’ami
 e che il cor più non vi brami,
 occhi bei, non vi dirò.
 
    Fra ragion, che sa il dovere,
935e beltà, che fa il potere,
 dir l’amore non si deve
 e negarlo non si può.
 
 SCENA XV
 
 VEREMONDA e AMBLETO
 
 AMBLETO
 Diletta Veremonda, egli è pur tempo
 che a cor franco io ti parli e ch’io ti abbracci.
 VEREMONDA
940Ambleto, anima mia, son così avvezza
 al funesto mio duol ch’esser mi sembra
 misera nel contento.
 AMBLETO
 Quando è immenso il piacer, meno si gode.
 VEREMONDA
 Ah, che questa impotenza
945è un presagio di mali.
 AMBLETO
 Temer nel bene è un diffidar del cielo.
 VEREMONDA
 Goder nel rischio è un lusingar le pene.
 AMBLETO
 Qual rischio a te figuri?
 VEREMONDA
 Il poter di un tiranno e l’altrui frode.
 AMBLETO
950Virtù ci affidi. Abbiam per noi, mia vita,
 quella di Valdemaro e più la nostra.
 VEREMONDA
 Dunque al gioir, se lice.
 AMBLETO
 E un momento felice
 non occupi timor di male incerto.
 VEREMONDA
955Piacer tranquillo è guiderdon del merto.
 AMBLETO
 
    Godi, o cara, ma di un diletto
 che misura sia dell’amor.
 
    Quell’affetto, che ben non gode
 quand’è in braccio del dolce oggetto,
960è un affetto di debol cor.
 
 VEREMONDA
 
    Godo, o caro, quanto so amarti
 e sin godo nel tuo goder.
 
    L’alma amante, che in me respira,
 in te passa per abbracciarti
965e là s’empie del suo piacer.
 
 AMBLETO
 Fugace godimento! Ecco il tiranno.
 VEREMONDA
 E Valdemaro è seco.
 A DUE
                                        Ah, siam traditi.
 
 SCENA XVI
 
 FENGONE con seguito, VALDEMARO e i suddetti
 
 VALDEMARO
 (Funesto incontro!)
 FENGONE
                                       Ambleto, Veremonda,
 fuor della reggia? Tu prigion? Tu stolto?
 VEREMONDA
970Sinché la tua vittoria
 la libertà mi tolse e le grandezze,
 chinai la fronte al mio destin; ma quando
 nel vincitor conobbi
 il mio crudel tiranno...
 FENGONE
975È tirannia che amore
 ti renda il ben che ti rapì fortuna?
 VEREMONDA
 La gloria e non l’amore a me lo renda.
 VALDEMARO
 (Oh magnanimo ardir!)
 AMBLETO
                                               Che strani mostri!
 Pluton tu sei. Cerbero è quegli e questa
980Proserpina rapita.
 FENGONE
 Vano è il pensier. Chi seppe
 involar Veremonda al mio potere,
 non è stolto ma il finge.
 VEREMONDA
                                             E pur t’inganni.
 Nel volto di costoro
985leggi qual sia della mia fuga il reo.
 AMBLETO
 Son questi tante fiere. Io sono Orfeo.
 FENGONE
 Son questi, Valdemaro, i tuoi custodi.
 VALDEMARO
 Signor, della mia fede
 perdona all’amor mio le colpe. Offeso
990il tuo sen non credei dalle mie brame;
 e quando alla rapina io mi disposi,
 pensai dentro al mio core
 non di torla al mio re ma al tuo rigore.
 VEREMONDA
 (Reo si finge con l’empio).
 AMBLETO
                                                   (Oh traditore!)
 FENGONE
995(È poderoso il duce,
 perché l’armi ha in balia. Seco si finga
 ma si riserbi ’l colpo).
 Al valor del tuo braccio
 tutta de’ falli tuoi dono la pena.
1000Vanne alla reggia e svena al mio piacere
 l’ardir del tuo volere.
 AMBLETO
 (Oh scellerate frodi!)
 VEREMONDA
 (Segno del tradimento
 è un sì facil perdono).
 VALDEMARO
1005(Sapesse almen quanto innocente io sono). (Si parte)
 
 SCENA XVII
 
 FENGONE, AMBLETO e VEREMONDA
 
 FENGONE
 O sia stolto o s’infinga,
 del mio furor costui sia oggetto. A voi
 la custodia ne affido. E tu prepara
 quell’alma contumace e quel bel volto
1010alle delizie mie.
 VEREMONDA e AMBLETO
                                (Cieli! Che ascolto?)
 FENGONE
 
    Preparati ad amar
 almen nel mio piacer
 la tua felicità.
 
    Perché il voler penar,
1015quando si può goder,
 non è che crudeltà.
 
 SCENA XVIII
 
 VEREMONDA e AMBLETO fra guardie
 
 AMBLETO
 (Quel bel seno delizia ad un tiranno?)
 VEREMONDA
 (Ch’io deggia amar ne’ suoi piaceri i miei?)
 AMBLETO
 (E il permettete...)
 VEREMONDA
                                     (E lo soffrite...)
 A DUE
                                                                   (Oh dei?)
 AMBLETO, VEREMONDA A DUE
 
                                  Giove irato
1020   Sempre in cielo
                                  avverso il fato
 non sarà per te, mio bene.
 
    Dal mio pianto
                           un dì placato,
 dal mio duolo
 sì, che avrà qualche pietà
 delle tue pene.
 
 Il fine dell’atto secondo